sabato, Aprile 20, 2024

Il Cga accoglie il ricorso di un’azienda accusata di infiltrazione mafiosa

SAN CIPIRELLO. Accolto il ricorso di un’azienda che era stata esclusa dai finanziamenti agricoli comunitari per presunte infiltrazioni mafiose. Il Cga per la Regione siciliana ha riammesso in graduatoria l’imprenditore sancipirellese Gianluca Simonetti.

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Il quarantatreenne titolare di una ditta individuale aveva chiesto all’Assessorato regionale delle risorse agricole l’accesso ad alcuni benefici previsti con gli interventi della Misura 121, del bando 2009/2011, seconda sottofase Psr Sicilia. Si tratta di fondi comunitari destinati all’ammodernamento delle aziende agricole nell’Isola. L’Assessorato aveva però escluso la richiesta del quarantatreenne sulla base di una nota riservata amministrativa firmata dalla Prefettura di Palermo.

Padre e cognato legati ai boss

Sull’imprenditore gravava il sospetto di “sussistenti tentativi di infiltrazioni mafiose”. Si tratta, infatti, del figlio di Giovanni Simonetti detto Gianni, ex prestanome di Totò Riina. Nella nota si faceva riferimento anche ai trascorsi di un cognato, Giuseppe Francaviglia, condannato per concorso esterno alla mafia perché negli anni Novanta era vicino ai fratelli Giovanni ed Enzo Salvatore Brusca.

Il ricorso al Tar e al Cga

L’imprenditore agricolo, che però è un incensurato, ha deciso di presentare ricorso. Dopo la bocciatura da parte del Tar nel 2014, si è rivolto al Consiglio di giustizia Amministrativa. Ad assistere Gianluca Simonetti gli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino, che hanno lamentato “una grave forma di eccesso di potere, sotto il profilo dell’irragionevolezza e dell’ingiustizia manifesta”. L’informativa della Prefettura riteneva le parentele come un pericolo di condizionamento mafioso. Secondo la tesi degli avvocati mancava però “un’ipotetica cointeressenza tra il ricorrente e la criminalità organizzata”. Di qui il ricorso presentato al Consiglio di giustizia Amministrativa, che ha accolto le ragioni del ricorrente, annullando i provvedimenti.

Nessuna prova del condizionamento mafioso

“Non può configurarsi – scrivono i magistrati – un rapporto di automatismo tra un legame familiare, sia pure tra stretti congiunti, ed il condizionamento dell’impresa, dal momento che l’attendibilità dell’interferenza dipende anche da una serie di circostanze ed ulteriori elementi indiziari”. Per il Cga non basta dunque essere figlio di un ex prestanome per vedersi negato il diritto a partecipare ai bandi per i finanziamenti comunitari. La sentenza consentirà pertanto all’imprenditore agricolo di essere reinserito nella graduatoria definitiva. Ad opporsi erano stati il Ministero dell’Interno e l’Assessorato regionale delle Risorse Agricole, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo. Che dovranno adesso provvedere al pagamento delle spese del contributo unificato.

Nei mesi scorsi alla famiglia di Giovanni Simonetti sono stati restituiti aziende, terreni, conti correnti e fabbricati. Un patrimonio familiare valutato in diversi milioni di euro. La pericolosità sociale del sessantanovenne ex prestanome di Totò Riina sarebbe venuta meno, secondo i giudici della Corte d’Appello di Palermo, sul finire degli anni Novanta.

Nel suo curriculum ci sono due condanne: la prima a 8 anni, risalente al 1983, per traffico di sostanze stupefacenti tra la Sicilia ed il Piemonte; l’altra, nel 2011, sempre a 8 anni ma per un’estorsione aggravata risalente al 1994. (LEAS)

Giornale di Sicilia- Leandro Salvia


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