giovedì, Marzo 28, 2024

Mafia, estorsione e droga: 9 arresti a San Giuseppe Jato

Ad emettere i provvedimenti cautelari è stato il Gip del Tribunale di Palermo. Gli arresti dell’operazione “Jato Bet” arrivano  al termine delle indagini dei carabinieri della locale stazione e del nucleo di Monreale coordinati dal Procuratore aggiunto Salvatore De Luca della Direzione Distrettuale Antimafia. Le ipotesi di reato contestate sono associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, cessione di sostanze stupefacenti e accesso abusivo a sistema informatico. Per quest’ultimo reato è stato denunciato l’ex comandante dei vigili urbani.

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Sei degli indagati vengono ritenuti affiliati alla famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato. Le indagini risalgono al periodo compreso tra il febbraio del 2017 e novembre del 2019.

Durante il quale i carabinieri hanno accertato estorsioni ai danni di un centro scommesse di San Giuseppe Jato e richieste di 50 euro agli ambulanti che durante la festa delle Anime Sante utilizzavano l’area del campo sportivo.

E’ stata documentata anche l’attività imprenditoriale nel settore edilizio, sia nella valle dello Jato che a Palermo, dove però era prevista la cosiddetta “messa a posto”.  I mafiosi jatini versavano –infatti- somme ai “colleghi” delle famiglie palermitane.  I carabinieri hanno documentato anche la cessione di sostanze stupefacenti nei mandamenti mafiosi di Santa Maria del Gesù e Porta Nuova e San Giuseppe Jato.

Contatti tra carcerati e presunti affiliati

A guidare il gruppo sarebbero stati due esponenti che si trovano da anni in carcere: il capo mandamento Ignazio Bruno e il suo autista Vincenzo Simonetti. I due avrebbero  mantenuto stabili contatti con altri associati. In particolare con Calogero Alamia, nipote di Antonino che s trova in carcere perché ritenuto il  “cassiere” del mandamento, e l’infermiere Maurizio Licari. Il giovane Alamia avrebbe avuto anche un ruolo “diplomatico” all’interno del gruppo:  nell’estate 2018 avrebbe mantenuto l’unità del gruppo pacificando i contrasti tra membri che ambivano alla reggenza.

Tra gli altri indagati, ritenuti “partecipi dell’associazione mafiosa”, figura un altro nome noto: Giuseppe Bommarito, che ha alle spalle una condanna a 10 anni e 6 mesi di reclusione per mafia. Agli arresti anche i figli Calogero e Giuseppe Antonio. Così come Nicusor Tinjala. Il provvedimento eseguito oggi colpisce anche Massimiliano Giangrande, al quale non viene però contestato il reato associativo.

L’estorsione ad un Centro scommesse

In più circostanze, ed in particolare in occasione delle festività di Pasqua del 2017, il titolare di un centro scommesse avrebbe consegnato a Licari, Tinjala e ai fratelli Bommarito somme di denaro per alimentare la “cassa” della famiglia mafiosa e per sostenere i detenuti

Nei guai un vigile per l’accesso al sistema dell’Aci

Tra i provvedimenti emessi spicca anche quello destinato all’ex comandante della Polizia municipale G.O. E’ accusato di essersi introdotto abusivamente nel sistema informativo dell’Aci per verificare l’intestatario di un veicolo che era stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza mentre scaricava rifiuti edili in un’area demaniale. L’agente, in pensione da luglio dello scorso anno, avrebbe informato uno degli indagati, Giuseppe Antonio Bommarito, che ha così provveduto a ripristinare lo stato dei luoghi.


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