giovedì, Marzo 28, 2024

Operazione antimafia: tre jatini rinviati a giudizio. Decade l’accusa di intestazione fittizia di beni

Tre imputati di San Giuseppe Jato rinviati a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Decade però l’accusa di intestazione fittizia di beni. Si è tenuta ieri mattina al Tribunale di Palermo l’udienza preliminare dell’operazione antimafia «Pionica».

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Dinanzi al giudice Filippo Lo Presti sono comparsi Ciro Gino Ficarotta, di 67 anni, il figlio trentottenne Leonardo e Paolo Vivirito di 39 anni. I tre, assistiti dagli avvocati Liborio Maurizio Costanza e Maria Paola Polizzi, hanno scelto il rito ordinario. La prossima udienza si terrà il 26 marzo al Tribunale di Marsala, competente per territorio. I fatti contestati riguardano, infatti, l’acquisto e la gestione di 60 ettari di vigneto in contrada Pionica a Santa Ninfa, nel Trapanese. I tre jatini, attualmente ai domiciliari, avrebbero partecipato al grosso affare finito nel marzo dello scorso anno al centro di un blitz antimafia.

Rinviati a giudizio altri cinque imputati di Trapani

Ieri, insieme a loro, sono stati rinviati a giudizio anche altri imputati. Si tratta di Salvatore Crimi, 60 anni e Gaspare Salvatore Gucciardi, 56 anni. Entrambi sono chiamati a rispondere di associazione mafiosa. Crimi è accusato anche di intestazione fittizia di beni. Così come la moglie Crocetta Anna Maria Asaro, 48 anni, e il figlio ventiquattrenne Leonardo “Nanà” Crimi. I quattro sono residenti a Vita, un piccolo centro del Trapanase. Il partannese Tommaso Asaro dovrà rispondere invece dell’accusa di favoreggiamento. (Per lui l’udienza preliminare si terrà però a marzo ndr). Rinviato a giudizio anche Michele Gucciardi, sessantacinquenne presunto capomafia di Salemi. In questa vicenda è chiamato a rispondere di minacce aggravate dal metodo mafioso. Secondo l’accusa, avrebbe costretto Giuseppa Salvo a rinunciare all’estirpazione dei vigneti di contrada Pionica.

La tenuta della famiglia Salvo

La tenuta, un tempo di proprietà dei cugini Antonio e Giuseppa Salvo, nel 2012 fu acquistata all’asta per 138 mila euro da Roberto Nicastri. Poco dopo i terreni furono però rivenduti per 750 mila euro alla società agricola “Vieffe” di San Giuseppe Jato. Di proprietà dei cugini Leonardo Ficarotta e Paolo Vivirito. Che beneficiarono così di 520 mila euro di finanziamenti comunitari per il reimpianto di un vigneto. Il tutto con la presunta regia di Cosa nostra e con lo scopo di finanziare le cosche trapanesi di Matteo Messina Denaro.

Nessun trasferimento fraudolento per i tre jatini

Ieri, al termine dell’udienza preliminare, è arrivata la sentenza di non luogo a procedere per l’accusa di “trasferimento fraudolento di valori”. L’azienda jatina non sarebbe dunque stata “fittiziamente” intestata ai due cugini. Già nell’aprile dello scorso anno la società, proprietaria del marchio vinicolo “Tenuta Donardo”, era stata dissequestrata. Il provvedimento era stato emesso dal Tribunale del Riesame.


I Ficarotta e Vivirito son stati dunque prosciolti dall’accusa di intestazione fittizia di beni. Ma dovranno adesso rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa. A manovrare le operazioni sarebbe stato, infatti, Melchiorre Leone, ritenuto dagli inquirenti il capomafia di Vita. Il cinquantanovenne, insieme ad altri sei imputati, sarà giudicato col rito abbreviato. (LEAS)

Leandro Salvia

Giornale di Sicilia dell’08/02/2019



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